Preludi a getto d’inchiostro


Lavoro interessantissimo per la grande varietà di elementi che vi ritroviamo. L’autore sceglie questo titolo per significare la rapidità del gesto compositivo, contrapposto alla profondità della ricerca compositiva che precede il gesto compositivo stesso. I 12 preludi sono una sintesi di un mondo sonoro in cui è possibile trovare riferimenti alle forme classiche, dissonanze, ricchezza timbrica e molto materiale etereo e sognante, materiale con cui Christian Lavernier si cimenta, con successo, utilizzando un’arma risonante e particolare.
– DotGuitar

The most interesting pieces were six of twelve Ink-jet Preludes by Campogrande, written for Casoli and so-titled because she first received these one by one through e-mail. The little mood portraits and vignettes expressed wide-ranging feelings and sentiments while exploring light and shade. She coloured these miniatures with much care and intimacy
The Straits Times, Singapore

 Fortunatamente sono ormai lontani gli anni in cui la musica contemporanea era sinonimo di brutale separazione fra addetti – o meglio, adepti – ai lavori e pubblico. D’altra parte i canoni di uno sperimentalismo ormai d’accademia – ci si perdoni l’ossimoro – non lasciavano certo spazio a qualunque cosa avesse la parvenza di tonalità: guai se all’interno di pentagrammi (quando vi erano) irti di note e di criptici simboli compariva una sorta di linea melodica o, ancora peggio, una triade. Le più recenti generazioni di compositori hanno lasciato sedimentare tutta questa sistematicità e – uscendo da un intellettualismo tanto sterile quanto solipsistico – assai opportunamente hanno voluto riprendere il contatto con il pubblico. La via più difficile ma più affascinante è quella della creazione di un linguaggio proprio ma comprensibile, impresa non da poco, giacché bisogna evitare di essere autoreferenziali ma al tempo stesso banali. In poche parole, ci vuole ispirazione artistica. Ed è proprio quello che riesce a fare Nicola Campogrande in questo bel cd dedicato alla chitarra, nel quale dodici brevi preludi sono esposti dapprima con uno strumento tradizionale e in seguito rielaborando elettronicamente lo stesso materiale eseguito con una chitarra acustica e un arciliuto barocco (con la complicità di Roger Rama nei remixes). Il risultato è oltremodo affascinante, anche per merito della bravissima chitarrista Elena Casoli, la cui versatilità è pari solamente all’intelligenza delle scelte artistiche
– Amadeus *****

Il titolo fa riferimento al fatto che il connubio compositore-interprete è stato portato avanti per vie elettroniche: e-mail, programmi grafici, stampanti a getto d’inchiostro. I singoli titoli (da Adagio liberamente a Rimbalzando) richiamano ottocenteschi fogli d’album o pezzi lirici tra cui sono incastonati riferimenti più specificamente gestuali. Le note di presentazione si limitano a un collage di e-mail.Ogni sospetto di operazione troppo calcolata sbiadisce alla riprova musicale. Il tramite comunicativo attuale è solo un’ironica presa di distanza dal cipiglio d’autore: così come suggeriscono i titoli un po’ lialeschi, tutto corre sul filo di un’immaginazione vagamente sentimentale ma credibile, e sostenuta da un’autentica fiducia nei toni tecnico espressivi duttili della chitarra, che ricambia tramite la lettura libera e fantasiosa della Càsoli con moderno fervore coloristico e affettuosità galanti senza tempo che conquistano.
– Angelo Foletto, Suonare News ****

Nicola Campogrande è un nome di grande rilievo nel panorama della musica contemporanea e le sue composizioni sono eseguite con successo in tutto il mondo. Conduttore del terzo canale di Radio Rai, insegna alla Scuola Holden di Torino ed è professore a contratto presso l’Università di Roma – Tor Vergata. Allievo di Azio Corghi, ha al suo attivo molte opere che spaziano in tutti i campi dove la musica è presente: teatro, concerti solistici, sinfonie, opere da camera con voce (spesso su testo del poeta Dario Voltolini) e sperimentazioni di contaminazione collaborando con il dj Roger Rama.
Si è messo in luce nel 1993 con il cd Mosorrofa o dell’ottimismo dove il suo interesse per tutto ciò che è musica al di là delle barriere di genere produce musiche nuove che sono allo stesso tempo ancorate alla tradizione e fornite di chiavi di lettura per ogni tipologia di ascoltatore.
Con la chitarrista Elena Càsoli ha lavorato in due occasioni, fornendole, nel 2001, una versione per chitarra di Africa blu e nel 2003 (ma pubblicati solo nel 2006) i Preludi a getto d’inchiostro oggetto di questa recensione.
La pubblicazione è corredata anche da un cd che contiene i preludi registrati da Elena Càsoli e tre remix del dj Roger Rama.
L’opera è sicuramente un bel lavoro, con spunti tratti da diversi gesti tipici della letteratura chitarristica e con una cifra poetica sempre alta che dona alla raccolta unità e completezza.
La scelta del pezzo breve ha il fascino di poter condensare le idee e quindi essere immediato e comprensibile al primo ascolto.
La difficoltà tecnica è alta, soprattutto per alcune ritmiche e per seguire le indicazioni timbriche, agogiche e dinamiche che il compositore segna in modo puntuale.
– Seicorde (chosen as “score of the Month”)

Sono passati i tempi in cui i compositori scrivevano preludi con carta e penna e dettavano ai musicisti le loro volontà con gli stessi mezzi. Campogrande stampa la propria musica a ‘getto d’inchiostro’ e comunica attraverso la posta elettronica, ma come i suoi predecessori conosce ben l’arte della composizione e il valore della meditazione sulle partitire. Per questo, per i suoi preludi, ha scelto come interprete la chitarrista classica Elena Càsoli, capace di ‘leggere’ le sue raffinate partiture con un piglio sospeso tra tradizione classica e modernità, senza mai essere autoreferenziale. I dodici brevi preludi sono esposti dapprima con la chitarra classica e in seguito attraverso remix elettronici, realizzati dal dj Roger Rama, con l’inserimento di una chitarra acustica e di un arciliuto. Il percorso che l’ascoltatore compie attraverso il disco, contrariamente a quanto ci si attenderebbe, è oltremodo naturale. Una sorta di viaggio che dal passato porta verso il presente, pur senza scivolare mai nella presunzione.
– Simone Bardazzi, Audiophile Sound

Oltre che compositore di lavori regolarmente eseguiti in giro per il mondo da concertisti di prima grandezza, Nicola Campogrande (Torino, 1969) è un personaggio di singolare eclettismo. E’ infatti  conduttore radiofonico, giornalista, professore universitario, direttore artistico dell’Orchestra filarmonica di Torino, docente alla Scuola Holden della stessa città (aperta dallo scrittore Alessandro Baricco per insegnare tecniche della narrazione), nonché organizzatore di eventi musicali. A tale molteplicità di interessi corrisponde, in àmbito squisitamente creativo, un atteggiamento non tetragono all’apertura verso altri generi e altri modi di fare musica. Questo è un comportamento comune a diversi compositori contemporanei, ma Campogrande va oltre: alcuni suoi lavori sono stati remixati – vale a dire rielaborati elettronicamente da un disc jockey in chiave moderna – e poi proposti a un pubblico diverso da quello che abitualmente frequenta le sale da concerto. A contribuire a tale contaminazione è stato il DJ torinese Roger Rama, il quale ha collaborato anche alla realizzazione del CD di cui ci occupiamo. I dodici Preludi a getto d’inchiostro, scritti tra il 2001 e il 2003, devono molto alla loro dedicataria Elena Càsoli: è lei che ha invitato l’autore a comporli, ha cooperato con lui durante la stesura, ne ha realizzato la prima esecuzione e l’incisione discografica, infine ne ha curato la pubblicazione. Non è probabilmente un caso che a convincere Campogrande ad affrontare questo impegno sia stata una “chitarrista di frontiera” come la Càsoli, appassionata divulgatrice di repertori contemporanei la quale condivide con il compositore una visione “espansa” del fatto musicale e non ha problemi a passare dallo strumento classico a quello elettrico o alla steel string guitar, quando un autore lo richiede. Campogrande ha da poco ultimato una versione per due chitarre dei Preludi, che è attualmente nel repertorio di Lorenzo Micheli e Matteo Mela. Per comodità di esposizione, commenteremo allo stesso tempo sia la pubblicazione che il CD, anticipando che quest’ultimo è diviso in due parti: la prima contiene i dodici brani eseguiti con una chitarra Luis Panormo del 1846, mentre la seconda vede la riproposta di sette preludi con l’impiego di una chitarra acustica Robert Taylor (i rimanenti cinque lavori della serie sono stati evidentemente ritenuti poco adatti a questa trasposizione). Inoltre, tre dei dodici pezzi sono ulteriormente presentati in altrettanti remix, realizzati come già detto da Roger Rama, dallo stile ritmico e percussivo misurato, in una sorta di musica dance minimale dal suono scarno e ipnotico. Tutto ciò rende molto particolare questa proposta discografica, e sottintende come essa sia destinata non solo al normale pubblico di musica classica, ma anche a un uditorio “allargato”.
Il brano d’esordio s’intitola Adagio, liberamente e consta di un discorso fantasioso e lirico nel quale affiorano di tanto in tanto increspature di ritmi sudamericani. L’interpretazione della Càsoli sottolinea la natura intimistica della pagina. Il secondo pezzo, Con leggera insistenza, ha un carattere deciso e si basa su un incalzante ritmo ostinato, al quale talvolta si frappone una cellula di semicrome o si sovrappongono alcuni movimenti melodici. L’atmosfera che si respira è vagamente improntata a una sorta di popular music nordamericana, e anche per questo l’esecuzione con la chitarra Taylor non sfigura per nulla rispetto alla versione con la Panormo. Il terzo preludio, Stupendosi, colpisce per l’ariosa apertura “alla Mertz”, ma subito il clima cambia, evocando sensazioni di titubanza e di meraviglia che l’interprete riesce ottimamente a trasmettere. Respirando con libertà, quarto lavoro della raccolta, si basa sull’elaborazione di un elemento iniziale costituito da un mordente inferiore. Si può osservare, nel testo, una preferenza per diteggiature che consentano il libero permanere dei suoni, scelta questa che sarà confermata in diversi preludi successivi. E’ interessante notare come cambi l’approccio dell’interprete a questo pezzo, a seconda dello strumento impiegato: quando usa la sua splendida chitarra d’epoca, la Càsoli ricerca i timbri più raffinati che essa può produrre, mentre quando passa alla Taylor – la quale non consente altrettanta varietà coloristica – il suo atteggiamento diviene più sobrio, ed il brano assume a tratti il sapore di una pagina di musica antica dedicata agli abbellimenti. Ma la sorpresa maggiore è data da quanto risulti adatta a questo preludio la chitarra con corde in acciaio: col suo suono pungente e duraturo, complice probabilmente la qualità della ripresa fonica, sembra uno strumento a metà tra il clavicembalo e il sitar, svelando potenzialità impreviste. Il pezzo è presente anche in una terza versione, remixata, che vede l’elaborazione di alcuni frammenti di una registrazione effettuata con un arciliuto. La voce suggestiva di quest’ultimo riconferma l’aspetto “arcaico” di questo brano ma, fra i differenti timbri delle tre esecuzioni, il più persuasivo rimane inaspettatamente quello della chitarra acustica. Il quinto preludio, Disincantato, vede il fluire di una linea melodica volutamente semplice, alla cui regolarità fanno da contrappunto due voci nel registro grave le quali, con il loro comportamento “disordinato” e avulso dal contesto, destabilizzano l’intero discorso. Ombroso, sesto pezzo del volume, è un soliloquio libero e un po’ sognante. Attraversato da una vena cantabile lievemente mesta, si compiace – situazione già riscontrata in precedenza, ed evidentemente concordata tra i due musicisti – di un tipo di diteggiatura che determina l’accavallarsi dei suoni a mo’ di arpa. Il preludio che fa seguito, Investigando, consta di una serie di divagazioni accomunate al precedente lavoro da un’inclinazione in qualche modo romantica, pur se in questa occasione l’indole è più solare. Il curioso remix riprende ed elabora alcune cellule del brano d’origine, ricavandone una sorta di ricercato pezzo di musica techno. Di natura irrequieta e ritmica è il successivo Rimbalzando, accattivante con i suoi guizzanti refoli di note che si avvicendano ad un tenue ostinato che si protrae fino al termine. In questa circostanza, la Panormo dà dei punti alla chitarra acustica: tra le due versioni presenti, infatti, quella realizzata con la chitarra tradizionale appare più convincente. Misterioso, nono preludio della raccolta, come i brani precedenti manifesta un vivo senso melodico, in questo caso nell’ambito di un’atmosfera un po’ malinconica e sospesa. L’esecuzione con la Taylor evidenzia l’ascendenza jazz del lavoro. Sulle colline è un pezzo dal carattere dolce, basato su una struttura arpeggiata al cui interno è incastonata una linea principale. Anche qui si fa largo uso di soluzioni digitali che favoriscono il sovrapporsi e l’amalgamarsi delle note. Grazie al suono squillante e argentino, l’interpretazione con chitarra acustica si distingue per nitidezza delle parti. Il remix, effettuato sulla base di tracce di un’esecuzione realizzata con l’arciliuto, si muove in un clima delicatamente statico con uno sfondo percussivo molto discreto, vedendo la dilatazione del brano di partenza fino a durare più del doppio rispetto a quello. Il penultimo preludio, Seriamente, è una pagina un po’ indecifrabile, una specie di orazione costruita con un materiale estremamente essenziale e caratterizzata principalmente dalla ripetizione nervosa e ossessiva di una stessa nota. Nel brano conclusivo, dal titolo Leggero, Campogrande sembra guardare completamente al passato: il lavoro è imbevuto di suggestioni neoclassiche ed attraversato da una vena cantabile ancor più marcata rispetto ai pezzi precedenti.
I Preludi a getto d’inchiostro sono schizzi in cui l’autore evoca i riferimenti più diversi – dalla musica per liuto alle citazioni extracolte – rielaborando strutture e modalità, e sostenendo il tutto con un estro melodico assai espressivo: il risultato che ne deriva è di immediata comunicativa, ma al contempo originale. L’interesse per le tecnologie informatiche ha suggerito sia il titolo dell’opera, sia l’insolito contenuto delle note informative che accompagnano il CD: il primo intende rendere omaggio alla stampante, simbolo di comunicazione in quanto “voce” del computer, congegno inesorabile che d’un lampo mette nero su bianco il lavoro e i ripensamenti di mesi e mesi. Le note di copertina, dal canto loro, riportano esclusivamente un estratto dei messaggi di posta elettronica intercorsi tra il compositore e la concertista durante la lunga gestazione dell’opera.
Le esecuzioni di Elena Càsoli sono caratterizzate da un acume interpretativo che denota una genuina condivisione d’intenti con l’autore, nonché da una freschezza che è del tutto in linea con lo spirito di questa musica. Dopo l’ascolto dei risultati ottenuti con la Taylor resta una curiosità, vagamente inquietante: la chitarra acustica si presta così bene solo alla musica di Campogrande, oppure potrebbe riservarci una rilettura “illegittima” ma stuzzicante di qualche altra pagina del nostro repertorio recente?
– Antonio Borrelli , Il fronimo