Danze del riso e dell’oblio

Nell’immaginario collettivo, dove c’è qualcuno che agita il mantice c’è anche qualcuno che balla”, ci ricorda l’autore. E noi pensiamo subito a Piazzolla ma anche ai molti musicisti che col solo inserimento della voce chioccia della fisarmonica hanno subito creato un’atmosfera esoticamente strapaesana anche in un brano serioso. Strumento popolare come pochi, qui impiegata nella stesura più tradizionale, la fisarmonica evocata da Campogrande è una sorta di intrigante ombrello dove trovano ospitalità innumerevoli nostalgie musicali – non banali citazioni né semplici camuffamenti – tutte sotto il segno della danza. La lettura dei titoli, da sé, vale un campionario di passi e di paesaggi geo-sonori (dal valzer alla milonga, dalla rumba al tango, dall’habanera al sirtaki e al charleston) e di omaggi colti (dalla sarabanda, forse il pezzo più toccante dell’antologia, alla passacaglia, che invece è il tramplino di lancio per una pagina abbastanza ermetica). Ma non ci si deve fermare alle apparenze: Campogrande non scrive musica da ballo ma in cui il ballo è una presenza intellettuale, un’eco, un enigma storico-sentimentale, un sasso sonoro lanciato nell’immaginario di un ascoltatore medio e senza pregiudizi. Del resto già lo sposalizio col pianoforte, e un pianoforte abbastanza fedele al suo mondo sonoro e tecnico, rende in più numeri Danze del riso e dell’oblio non un gioco di facile identificazione-imitazione linguistica (che tuttavia non manca) né una scontata strizzata d’occhio agli appassionati del falso etnico in musica (qua e là, comunque, additato con garbata ironia) ma un’elegante ginnastica emotiva. E il dialogo tra i due strumenti a tastiera, uno percussivo ed uno ad ancia, si dipana con maliosa facilità grazie alla bravura e allo spirito dei due interpreti: come un anomalo recital concertistico (nato su commissione del Comune di Castelfidardo, capitale mondiale della fisarmonica) che non ha bisogno di locandina dé di programma di sala per sedurre.
– Angelo Foletto, Suonare News 

 

Pensando a Nicola Campogrande a molti verra’ senza dubbio in mente la gentile voce di un conduttore che, da anni ormai, porta a spasso i suoi ascoltatori nel mondo della musica classica contemporanea – e non solo – nei programmi di radio 3. Con la stessa soavita’, che gli pare propria (mi sembra), il compositore torinese da’ alle stampe il suo ultimo lavoro Danze del riso e dell’oblio, pubblicato da Stradivarius, interamente dedicato a danze per sala da concerto per pianoforte e chitarra. L’accostamento e’ strano e anche il contesto a cui vengono destinate queste musiche, tanto che lo stesso Campogrande nel libretto ha sentito il bisogno di chiarire [e forse cosi’ legittimare] un repertorio di musiche non “alte”. Il reato a ben vedere e’ commesso dalla scelta di accostare la fisarmonica, strumento che, secondo Campogrande, ha dalla propria la possibilita’ di respirare, di cambiare voce e timbro, di dilaniare il cuore se si mette a fare la languida ma anche di far danzare un’intera platea se decide di esibire l’energia del proprio virtuosismo, al pianoforte, strumento che invece porta in dote la sua serieta’, l’austerita’ della sua storia, il romanticismo della sua tradizione e la potenza dei suoi giochi percussivi. Ma i due strumenti non hanno bisogno di alcuna apologia, specie quando la musica permette di cogliere le forme e gli intrecci dell’incastro, dell’accostamento e della compenetrazione. Fisarmonicista – Alberto Fantino – e pianista – Antonio Valentino – volteggiano con grande leggerezza in danze di tutte le epoche – sarabanda, rumba, marcia, tango, valzer, sirtaki. E l’accostamento (o compenetrazione che sia) e’ piacevole. Le danze del riso e dell’oblio volteggiano insieme ai suoi interpreti in un mondo quieto e pacificato, che ricorda quasi certe malinconiche atmosfere da feste di paese concluse e da palchi vuoti di presenze. Il virtuosismo, cosi’ tipico delle danze [non per sala da concerto], cede ad una certa introspezione, che conferisce a questo lavoro un velo di irresolutezza. L’impressione e’ quella di essere stati trasportati direttamente al termine del viaggio o quelle che ascoltiamo sembrano le impressioni di un viaggiatore disincantato… Certo e’ strano ascoltare un lavoro come questo, cosi’ estraneo a tutto cio’ che ci circonda eppure cosi’ pregno di una certa Italia che ama ancora danzare come una volta… Preferisco pensare che questo CD venga ascoltato fuori dalle sale da concerto. D’altronde io l’ho ascoltato in queste calde sere estive, nel silenzio della notte, e il che mi ha deliziato. E per quando inutile all’onor del mondo accademico, la cosa mi e’ piaciuta! Valutazione: * * *
– Francesca Odilio Bellino, All about jazz

 

Danses du rire et de l’oubli, voilà un joli titre, en plein accord avec cette musique riante et oublieuse. Pour accordéon et piano – l’accordéon est l’instrument par excellence de la danse populaire -, dans un langage écrit, développé et véritablement composé alors qu’il intègre plusieurs éléments de jazz (sans improvisation aucune), avec d’inévitables apports latino-américains et une note d’humour délicat et de références classiques d’excellent aloi. De la valse “charlestonisante” à la musette “sarabandesque”, Nicola Campogrande surfe avec intelligence et élégance, toujours du bon côté du bon goût. On aura le droit d’aimer ou de ne pas aimer, mais en aucun cas de dire que “ce n’est pas bon”, car voilà de la musique très soigneusement composée, qui devrait autant plaire au néophyte, pour des raisons purement hédonistes, qu’au mélomane qui s’amusera à retrouver les centaines de clins d’oeil de Bach à Prokofiev !
– Abeille Musique

 

Con sguardo elegante e affettuoso al passato che solo passato non è, l’autore torinese va “a passeggio attraverso danze di tutte le epoche, dalla sarabanda alla rumba, dalla marcia al tango, dal vlzer al sirtaki”. Campogrande è musicista dal passo intimo, cameristico, e insieme capace di ironie anche grottesche, come rivelano alcuni dei titoli; evoca atmosfere, invita a danzare nel tempo della musica che fu, senza rumore; e il “Tango della fine del mondo” ha una grazia da felice scampagnata in campagna, tra lusinghe e dolcezze nostalgiche.
– Sandro Cappelletto, La Stampa

 

Nicola Campogrande ricorda, presentando questo suo disco di lunatiche e lunari danze senza corpi,che la gente pensa che “dove c ‘è qualcuno che agita il mantice c ‘è anche qualcuno che balla”; vero, il mantice è come il polmone del ballerino,che si riempie d ‘aria umida e calda per esprimere emozioni umide e calde,avvinto a un lui o a una lei.Il compositore ha scritto col tamente per accordi on, uno strumento storicamente portatore di anonime infinite pagine scritte da suonatori del popolo e per il popolo.Uno strumento che è mille modi di essere fisarmonica,organetto, bayan,accordion e che è mille tradizioni di europe larghe e migrate oltre oceani.Le danze del riso e dell ‘oblio sono state commissionate da Musicat e dal Comune di Castelfidardo, capitale dei fabbricanti di fisarmoniche italiane;Alberto Fantino suona, accompagnato al pianoforte da Antonio Valentino, un bayan della ditta Bulgari; il concerto è andato in tournée in Israele e Palestina. Valzer,milonghe, minuetti, rumbe, sarabande, sirtaki, charleston, habanere, musette, passacaglie, marce e tanghi attraversano una miriade di citazioni facili (Satie, il tango sino a Piazzolla e Galliano, Paolo Conte), e alla fine rimane una sala da concerto con una malinconia di sala da ballo vuota e muta con un solo cono di luce su chi suona l ‘essenza di musiche scorporate dalla danza.Qualcosa di davvero dentro alla natura essenziale della musica “classica “, anche se scritta da un “contemporaneo”.
– Daniele Martino, Il Giornale della Musica

 

The composers that have tried will say: it is easy to combine a string quartet with with an accordion, just like percussion with one or more accordions; or duets with sorts wind instruments will always turn out very effectively, similarly the accordion in combination with vocal or chorus… everybody agrees that the accordion with piano is something very “difficult” – a complicated combination, something to pay a lot of attention to, because it is risky. Obviously Nicholas Campogrande had the courage. In the booklet he has tried to capture the good will of the listeners speaking about “uncommon partners…” or “strange couple”. I deduce that composers fear the accordion. The “Danze del riso and dell’oblio” face the highest mountain to climb: firstly the smoothness , the exchanges of rhythm and melody, the intriguiry game of “seen or not seen”, dreaming with open eyes moving magically through time.
It would have been much easier to write down a thousand notes on a piece of paper for virtuouso pianists or accordionists. Instead, in order to execute this “macro-suite” a homage to the dance, the excellent artists Alberto Fantino and Antonio Valentino have not tried to compete in speed racing like cars in Indianapolis, but been urged to fulfil a precise performance to the finest detail always in the dimension of a continues moving on – said ironically.
Imagination and fantasy, yes – this is the stimulated feeling listening to this disc. I must admit – it is a most extraordinary result. One last observation: the accordion part is written for a standard bass instrument without the need of an extension to traditional keyboard (41 keys). It is worth emphasizing: anybody can play ” danze del riso e dell’oblio ” if they want and for those who haven’t understood yet – good music does not depend upon the amount of notes.”
– Paolo Picchio, Accordions.com