"Storia della musica classica. Il racconto di un'avventura straordinaria, dal Medioevo a Spotify"

Grazie a un’impostazione lineare ed efficace e all’interno della quale è difficile smarrirsi apre, pagina dopo pagina, porte su porte nel lungo cammino percorso dai suoni nei secoli, toglie la polvere ove si è accumulata troppo e rinfresca le memorie. Per ogni brano segnalato, inoltre, c’è a disposizione un Qr code che porta direttamente a un ascolto: sono un centinaio abbondante i brani scelti e messi a disposizione del lettore.
– Helmut Failoni, Corriere della Sera, February 3, 2024

Una storia della musica classica scritta da un musicista. Nicola Campogrande è compositore, animatore di iniziative importanti, divulgatore convinto e indefesso. Il risultato è un racconto agile e divertente. E una particoalrità che rende il libro ancora più accessibile è la possibilità di ascoltare i brani e gli autori dei quali si parla attraverso una serie di qr codes.
– Claudia Fayenz, RAI Gr3, February 18, 2024

L’esperienza della lettura ci trasforma in questo libro in spettatori di un concerto polifonico che attraversa i secoli, grazie alla presenza di QR code, agevolmente incastonati nelle pagine, che ci invitano, di volta in volta, all’ascolto immediato dell’iconico brano in questione.
Dal canto gregoriano alla musica elettronica, da Monteverdi a Philip Glass, passando da Bach e Beethoven, Mozart e Schubert, Verdi, Wagner, Stravinskij, Nicola Campogrande traccia quindi un’ampia parabola che dall’Alto Medioevo conduce ai nostri giorni, sperimentando un approccio nuovo, ricostruendo in modo progressivo le diverse epoche e i loro personaggi, alternando la scoperta di brani iconici alla disamina delle tecniche di composizione, la ricognizione su strumenti e formazioni all’introduzione dei diversi generi e al confronto tra stili e strutture diverse.
– Elsa Manes, Maremosso, February 8, 2024

È un libro perfetto per chi di musica classica sa poco o niente e vuole una buona mappa per esplorarne il territorio. Una mappa che sia semplice e coinvolgente, che ti permetta di scoprire cose nuove e di farti un’idea abbastanza precisa su tutto ciò che è successo dal Medioevo a oggi. E fa questo effetto perché Nicola Campogrande mette al centro la musica. Questo libro infatti è pieno zeppo di QR code che rimandano a precise interpretazioni su Spotify, scelte appositamente dall’autore. Le inanella, una dopo l’altra, come se fossero i concerti di un festival musicale. Campogrande infatti è stato, per sette anni, direttore artistico di MiTo Settembre Musica, e mettere insieme diverse intelligenze musicali per costruire esperienze d’ascolto entusiasmanti è una delle cose che sa fare meglio. Le altre sono scrivere musica e parlare di musica. Attualmente, infatti, è compositore in residenza del Teatro Comunale di Bologna e dell’Orchestra Sinfonica di Milano, le sue composizioni sono pubblicate dalla stessa casa editrice di Beethoven, scrive libri di musica per non addetti ai lavori e insegna alla Scuola Holden.

Questo libro, dalla prima all’ultima pagina, è una lunghissima playlist di brani – poco più di 100 -, una lunghissima lista di consigli d’ascolto. E se la playlist sono le proposte musicali di una rassegna, i paragrafi di testo sono il programma di sala. Ha presente quei depliant che ti danno in mano quando entri in una sala da concerto, che di solito leggi subito per farti un’idea di ciò che andrai ad ascoltare? Ecco, leggendo, ho avuto spesso l’impressione di avere davanti agli occhi una cosa del genere. Un lungo programma concertistico con cui inquadrare ogni brano della playlist, e contestualizzarlo, attraverso opportune finestre di approfondimento dedicate a compositori, poetiche, linguaggi, generi e strumenti musicali. Solo che questo è scritto benissimo, con quella prosa calda, accurata e informale che caratterizza il Campogrande scrittore. Non si dilunga mai. Va dritto al punto: di ogni autore, ti dice per quale motivo la sua musica viene eseguita ancora oggi. Per quale motivo ha senso ascoltarli e ricordarli. Campogrande rinuncia fin da subito a essere esaustivo, perché il suo approccio non è quello del musicologo, ma quello del narratore. La musicologia vuole dire tutto, la narrazione vuole farsi ricordare. E per lasciare un segno nella memoria bisogna scegliere delle parti che rappresentano il tutto. Che lo sostituiscono, il tutto. Delle parti da mettere in sequenza su una linea temporale. Il resto va scartato senza paura.

A proposito di parti per il tutto. Ogni capitolo comincia con una copertina musicale. Un capolavoro, si chiama. Un breve paragrafo in cui Campogrande racconta una composizione in particolare, che ha scelto per rappresentare tutta la fetta di storia a cui è dedicato il capitolo. Una scelta difficile da fare. Sono sette in tutto, i capitoli e i capolavori.

Elenchiamoli qui sotto.

  • Medioevo: Messe de Nostre Dame di Guillaume de Machaut
  • Rinascimento: Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina
  • Barocco: Primavera di Antonio Vivaldi
  • Periodo Classico: Sinfonia n.41 “Jupiter” di Wolfgang Amadeus Mozart
  • Romanticismo: Concerto per pianoforte e orchestra op. 54 di Robert Schumann
  • La fine dell’Ottocento: Il Mattino dal Peer Gynt di Edvard Grieg
  • Dal Novecento a oggi: Le Sacre du printemps di Igor Stravinskij

Era una scelta difficile da fare ma se l’è cavata molto bene. Ho una certa vertigine a leggere questo elenco. È come ripercorrere il cammino secolare della musica classica in un nanosecondo. Ecco, se non hai voglia di ascoltare tutta la playlist, solo con queste sette composizioni puoi farti già una vaga idea di come si è evoluta nei secoli. È vero: manca la Nona di Beethoven, uno dei pezzi più emblematici – se non il più emblematico – di tutta la musica classica. E manca anche Bach, l’altro grandissimo genio. Ma capisco il motivo di questa esclusione. Non li ha messi non perché non li reputi abbastanza grandi, ci mancherebbe. Ma perché Beethoven è una figura difficile da inquadrare, a metà fra classico e romantico, e lo stesso vale per Bach. Come si fa a incasellare uno come lui? La cui Arte della fuga viene studiata ancora oggi da chi fa jazz. Li ha esclusi per una ragione didattica. Se vuoi capire cos’è stato il periodo classico prendi Mozart e vai sul sicuro, lo stesso vale per Schumann con il Romanticismo.

Molto interessante è la mappa che disegna Campogrande per guidarti in quel gran caos che è stato il Novecento. Nel farlo, affronta di petto il problema della musica classica di questo secolo, grande rimosso nella riflessione artistica e intellettuale per anni e anni: la musica seriale. Dice, senza giri di frase, che questa musica, di matrice strutturalista, è stata ed è ancora incomprensibile per la maggior parte degli ascoltatori. Perché è impossibile seguire con le sole orecchie il modo in cui viene utilizzata una serie nel tempo, salvo studiarla prima a tavolino, sulla partitura. E che quindi, senza passare per un lavoro cervellotico, è molto difficile emozionarsi ascoltando una musica fatta così. Negli anni fissazione di compositori e istituzioni musicali su questo linguaggio compositivo, imposto come la via maestra della creatività – quella più intelligente, quella più cool – ha creato, lungo tutto il Novecento, una frattura fra musica contemporanea e pubblico. E si è creato un unicum nella storia: per la prima volta, nei programmi concertistici la musica classica era solo la musica del passato, e si escludeva quella scritta dai compositori del proprio tempo. Campogrande allora ci racconta altre facce del Novecento. Nella sua mappa lo strutturalismo è solo un’isola fra le altre, oggi in gran parte abbandonata. Perché, nonostante l’appoggio di certe istituzioni, non è la musica seriale che ha fatto maggiormente da apripista per la musica di oggi. Lo ha fatto molto di più il Minimalismo. Insomma, questo libro è una guida agile e sicura per ripercorrere secoli e secoli di musica. Se sei appassionato come me te lo leggi tutto, altrimenti ti limiti a sfogliarlo, a leggerlo a pezzi. E va benissimo anche così. Perché è un libro pensato sia per essere letto che per essere sfogliato, ma sempre con il telefono in mano e le cuffie nelle orecchie. Un libro che si lascia attraversare da modalità di fruizione tipiche del nostro tempo.
– Giacomo Di Scala, No Signal Magazine, April 3, 2024

February 4, 2024